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Non butto via niente!

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Il Disturbo da Accumulo e gli accumulatori “seriali”

Di recente mi sono imbattuta in un nuovo programma di Netflix nel quale una simpatica ragazza giapponese, Marie Kondo, spiega l’arte del riordino e gli effetti “magici” del buttare via le cose “che non ci riempiono di gioia”. A dire il vero il problema dell’accumulo di oggetti oggi non è affatto trascurabile, se consideriamo che sempre più persone ne sono coinvolte (ma ahimé praticamente nessuno chiede aiuto). Ma perché accumuliamo? E quando la difficoltà a buttare e/o riordinare si trasforma in un vero e proprio disturbo psicologico?

Disturbo da accumulo

Il Disturbo da accumulo: caratteristiche

Il Disturbo da accumulo (Hoarding Disorder), noto anche come Disposofobia, è un disturbo caratterizzato dalla tendenza all’accumulo patologico e disfunzionale di oggetti (giornali, riviste, vestiti vecchi, borse, libri, apparecchi elettronici, ecc.).
Le caratteristiche principali del disturbo da accumulo sono: la tendenza ad acquisire e conservare una grande quantità di oggetti, una marcata incapacità di disfarsene nonostante non abbiano nessun valore apparente, ed una compromissione del funzionamento quotidiano causato soprattutto dalla difficoltà a mantenere in ordine gli spazi domestici.
Tra le motivazioni che spingono una persona a “seppellirsi” sotto una valanga di oggetti vi è la percezione dell’utilità o del valore estetico delle cose, accompagnata da un forte attaccamento emotivo alle stesse. Un’altra ragione è il famoso “casomai”: si compra un nuovo telefono, casomai quello attualmente in uso dovesse avere un problema, continuando in seguito ad utilizzare comunque quello vecchio, e così via. Alcune persone, poi, si sentono responsabili del destino dei propri beni e, spesso, fanno tutto quello che è possibile per evitare di essere di spendere altri soldi. Il timore di perdere informazioni importanti è una motivazione altrettanto frequente.

È da notare che in questi soggetti l’accumulo è intenzionale; gli accumulatori “seriali” conservano, infatti, volontariamente i propri beni e provano una profonda angoscia anche solo all’idea di doversi disfare di essi.

La gravità del disturbo aumenta negli anni e spesso, soprattutto in mancanza di un adeguato intervento, diventa cronico.

Una terapia è possibile!

La terapia cognitivo-comportamentale è considerata ad oggi il trattamento di elezione per il disturbo di accumulo. Sono stati sviluppati protocolli specifici per la disposofobia che si focalizzano principalmente sulla riduzione dei sintomi in tre macro aree: la disorganizzazione, la difficoltà nel liberarsi e nel gettare via gli oggetti personali e la tendenza ad acquisirne in eccesso.

Grazie per avermi contattata. Fammi sape